Nei marciapiedi cittadini si aprono piccoli spazi franchi,
microscopici terreni dismessi,
tracce di attività umane
che la natura usa come “abitazioni” di fortuna
per riappropriarsi di un territorio
sottrattole in modo aggressivo e violento,
attraverso la cementificazione.
Le basi nelle quali si innestano i tubi che sostengono i cartelli elettorali, quelli stradali, gli archi dissuasori in ferro che impediscono il parcheggio selvaggio diventano contenitori involontari per VEGETALI D’ASSALTO.
Infatti, possono essere colonizzati da ERBE, PIANTINE di specie diverse che convivono in questi spazi delimitati, circolari, più raramente quadrati, dal diametro di pochi centimetri (dai tre ai dieci a seconda dei casi).
Si creano così MICROGIARDINI URBANI SPONTANEI, AIUOLE CLANDESTINE TEMPORANEE.
Dal punto di vista antropocentrico queste “invasioni” verdi sono abusive, spontanee, invasive. Dal punto di vista della natura sono una manifestazione di forza e di resilienza.
- Questi piccoli spazi, riempiti di terra e di semi portati dal vento o dagli uccelli, irrorati di pioggia possono popolarsi o ripopolarsi in pochi giorni e mostrare una convivenza felice fra vari esemplari di erbe, o una omogeneità. Nessuno li bagna, nessuno se ne prende cura. Le PIANTINE possono contare soltanto su se stesse nei pochissimi centimetri che dispongono per vivere.
- Il loro ciclo vitale, esposto a rapidi e radicali cambiamenti, è determinato oltre che dall’intervento a sorpresa dell’uomo, dalle condizioni climatiche.
Un’AIUOLA CLANDESTINA rigogliosa può morire, o seccarsi parzialmente in caso di siccità prolungata, caldo intenso. Oppure può mostrare la sua resilienza con il ripristino di una fitta microvegetazione grazie a una pioggia abbondante e a un clima favorevole.
Può essere cancellata in pochi istanti con una colata di cemento, di asfalto, o con un apposito tappo di gomma, per un intervento di manutenzione stradale, o per ripristinare la funzione originaria (di base per sostenere i pali).
Un piccolo grande atto di crudeltà verso la vegetazione che rispecchia in pochi centimetri quello che avviene su larga scala sull’intero pianeta.
Questi MICROGIARDINI sono luoghi di un caos apparente, disorganizzati, ribelli, terreni di convivenza fra specie di erbe diverse in formato bonsai al contempo controllabili nella loro evoluzione dall’uomo.
Se intralciano il passaggio, minacciano la viabilità, la deambulazione sicura o il decoro cittadino, sono distrutti, eliminati.
- La natura è libera e allo stesso tempo imbrigliata, costretta, delimitata comunque da un confine stabilito dall’uomo.
- Le erbe sono in una situazione “abusiva”, alloggiate in un luogo destinato ad altre funzioni dagli umani, ma da loro temporaneamente dimenticato.
- Si assiste a una lotta fra il riuso “autonomo” di un oggetto creato e impiegato dall’uomo e l’adattamento a una presenza artificiale, a un corpo estraneo da parte della dimensione vegetale. Uno spazio che la natura si riprende, attraverso un’invasione, una spinta vitale del verde.
Il concetto di FRAGILITÀ
e di RESILIENZA convivono
in modo DIALETTICO.
La mappatura costante di questi luoghi
mette in evidenza la TEMPORANEITÀ,
la PRECARIETÀ della loro presenza
e al contempo la FORZA,
la capacità di RESISTENZA agli attacchi “esterni”.
La loro cancellazione provoca una malinconia simile a quella derivata dall’abbattimento di un albero centenario.
La loro vitalità anche “aggressiva”, grazie alla quale la natura strappa, guadagna terreno a tutti i costi ricordano la sua potenza.
Il progetto può essere seguito sul sito www.drammaturgieurbane.com