Un Progetto di Drammaturgia Urbana, realizzato durante la residenza artistica presso Archivio-ViaFarini, Fabbrica del Vapore, Milano
(gennaio-aprile 2022) e esposto durante la art week.
In questi mesi ho cercato di individuare e sviluppare i differenti aspetti legati all’attraversamento a tempo determinato. Si tratta di una questione molto vasta e articolata e che offre uno straordinario campo di indagine: in sostanza, si prospetta un terreno di ricerca da indagare nel tempo.
Un incrocio regolato da un semaforo è un luogo-chiave nel panorama cittadino, una presenza con la quale ognuno di noi entra in contatto numerose volte nel corso della giornata, lungo percorsi familiari, poco conosciuti, o del tutto nuovi.
Questo spazio coinvolge aspetti e piani differenti, connessi, fra gli altri, ai concetti di “attraversamento”, “superamento”, “ruolo”, nonché alla dimensione dell’attesa e alle posizioni, ai rapporti di potere…
Attesa—Tensione-scioglimento
A ben guardare, l’atto di attraversare, in sé, ha le caratteristiche di un dramma e non tanto (o non soltanto) per l’eventuale rischio di essere travolti da chi ignora precedenze e codici della strada…
La regolazione del flusso crea una situazione circolare basata sulla sequenza di attesa-tensione-scioglimento-liberazione, o se si preferisce di moto-stasi.
La tensione è crescente, in alcuni casi spasmodica (per esempio se si è in ritardo), in funzione dell’arrivo del verde, il permesso di muoversi, andare dall’altra parte, ovvero raggiungere l’agognata altra sponda, sulla quale riprendere il cammino, in senso letterale e metaforico. La suspense e la corsa contro il tempo caratterizzano gli istanti nei quali appare arancio, preludio al nuovo arrivo del rosso.
La luce arancio alimenta infatti il senso di sfida, le azioni in extremis, gli azzardi per evitare l’immobilità imposta dal ritorno del segnale di stop.
Anticipazione, avvertimento dell’imminente segno di blocco, l’arancio accompagna il “momento del brivido”. Quello in cui si attraversa sapendo che gli istanti di libertà di movimento sono agli sgoccioli, ma nel conto alla rovescia si ignora quanti ne restino ancora a disposizione per raggiungere l’obiettivo in sicurezza.
La tensione che distingue il movimento da compiere nel breve “tempo” dell’arancio (senza sapere/potere quantificarlo), nonché l’attesa obbligata imposta dal rosso creano un climax ascendente, seguìto dallo scioglimento liberatorio determinato dalla luce verde.
Il permesso di attraversare, di raggiungere il nuovo approdo sul marciapiede opposto può essere ben salutato con un sospiro di sollievo…prima che ricominci una nuova sequenza, identica alla prima ma che coinvolge altre persone-personaggi.
Una circolarità che evoca il mito dell’eterno ritorno…
A differenza delle strisce pedonali semplici, l‘attraversamento regolato dal semaforo
diventa una prova “a tempo”. Ma dove il tempo resta ignoto alla maggior parte dei passanti e degli automobilisti, specie se non sono abituali frequentatori di quel preciso luogo.
Il semaforo, infatti, unisce al concetto di incrocio anche la limitazione data dalla programmazione automatizzata del movimento. La luce ti dice quando puoi o non puoi attraversare e in quanto tempo.
Ti devi attenere a regole, codici di comportamento precisi (rosso fermo, verde vai, arancio accelera se stai attraversando, resta fermo se stai per attraversare o mettiti a correre se proprio vuoi passare dall’altra parte).
Per passare dall’altra parte, per riprendere il cammino bisogna aspettare il “permesso”, il momento giusto per attraversare il fiume-strada, per proseguire nel reticolato delle vie-canali. Permesso accordato secondo un piano di regolazione del traffico e dei semafori stessi, della loro sincronizzazione.
Il tempo delle diverse fasi, la cui durata precisa non è nota ai più (chi sono i semplici passanti che cronometrano quanto dura il verde, il rosso, o l’arancio è l’ingrediente che determina l’effetto suspense.
Potere- Autorità occulta – permesso di circolazione – libertà di movimento
Il semaforo incarna un “potere” occulto e necessario a disposizione dell’autorità (il Comune, la polizia stradale, quella locale), usato per regolare i flussi, tutelare la vita dei cittadini (pedoni e automobilisti). E’ un supervisore, automatico. Ordina quello che sarebbe un semplice incrocio gestito in autonomia da pedoni e automobilisti, con criticità proporzionalmente crescenti al volume di persone che lo usano.
Regola il traffico al posto nostro, aiuta a prendere la decisione giusta, anzi la impone: rosso non puoi camminare, se lo fai lo fai a rischio e pericolo tuo e degli altri. Verde: puoi andare avanti. Aggiungere passi al tuo percorso. Arancio: sbrigati a concludere l’attraversamento, o fermati se sei ancora lontano dalle strisce.
Limita le libertà personali a favore della sicurezza collettiva, funzione accettata e interpretata in modo diverso a seconda del ruolo di chi transita, del tempo che ha a disposizione.
Ruoli e rapporti di forza
Se un automobilista passa con il rosso compie una gravissima infrazione, mette in pericolo l’incolumità altrui oltre che la sua. Un pedone frettoloso che attraversa con il rosso, in una strada vuota e con una buona visuale, contrasta i tempi di reazione standardizzati del semaforo, a beneficio del proprio tempo disponibile. Compie una trasgressione che comporta un rischio per se stesso, un’assunzione di responsabilità personale nell’esporsi a un eventuale infortunio.
Grazie alla sua posizione di evidente “debolezza”, però, non suscita la riprovazione e le sanzioni morali (oltre che amministrative) della comunità, paragonabili a quelle che attendono giustamente un guidatore che non rispetta il rosso per indisciplina, o distrazione.
Anche il concetto di ruolo e di rapporti di forza di quanti si trovano nella zona del semaforo sono un aspetto fondamentale nell’analisi di questo “set” urbano. Il pedone (e il ciclista) sono il “soggetto debole” da tutelare, perché espone il suo corpo “NUDO”, fragile in un percorso potenzialmente mortale. Gli automobilisti chiusi in una scatola di metallo in corsa sono i soggetti “forti” che possono uccidere facilmente chi si scontra con loro.
Nella maggior parte dei casi sono gli automobilisti a interpretare il ruolo dei “cattivi”, ma non bisogna ignorare che può essere impersonato anche dai pedoni o dai ciclisti.
Un luogo di incontri
Molto più che un incrocio semplice, quello regolato da un semaforo è un Luogo di Incontri Fuggevoli, Evanescenti fra i passanti, esplicitamente e fatalmente regolati dal “tempo”. I pedoni seguono il flusso, non possono indugiare in mezzo alla strada…non possono “perdere tempo”…Quanto durano l’avvicinamento, gli sguardi fra due persone che camminano in direzioni opposte mentre attraversano sulle strisce zebrate?
Il passaggio pedonale presieduto da un semaforo ingigantisce il suo ruolo di punto simbolico di contatti. Ospita gli incontri casuali e fra passanti, la loro fugacità, densa di significato: un’occasione colta o “perduta” di reciproca conoscenza, o un’apparizione a sorpresa, il riconoscimento di un volto noto.
Una zona franca
In un incrocio regolato dal semaforo il passaggio pedonale è un corridoio franco, ma “a tempo” determinato, riservato a chi cammina. Un’area ambigua: sicura o pericolosissima a seconda del momento segnalato dal variare delle luci, dal rispetto delle regole, o dalla loro infrazione. Azioni spericolate possono essere compiute sia dagli automobilisti, sia dai pedoni.
IL PROGETTO
Attraversamenti a tempo determinato (ma ignoto ai più)
Questi vari spunti di riflessione legati a un incrocio regolato da semafori costituiscono il punto di partenza per un lavoro di Drammaturgia Urbana nel quale saranno considerati momenti, situazioni, aspetti diversi dedicati a questo luogo molto comtipico delle aree urbane densamente abitate…
I PERSONAGGI
(Chi?) i pedoni, protagonisti assoluti. Automobilisti, ciclisti.
IL SET (Dove?): gli incroci di alcune zone di MILANO scelte per il loro valore simbolico, per la loro funzione nell’economia e nella geografia cittadina. Incroci delle zone centrali, con funzioni e caratteristiche particolari, aree periferiche, grandi e piccoli incroci.
IL TEMPO (Quando?): Orari diversi del giorno e della notte, nei diversi giorni della settimana, dei diversi mesi e stagioni. Nelle diverse vie e zone della città. Il paesaggio urbano dell’umanità, dei flussi dei viandanti, dei pedoni, dei camminatori urbani cambia continuamente.
In particolare, mi occuperò di studiare la postura del corpo, la gestualità dei personaggi-passanti in attesa di attraversare, le sequenze di progressiva tensione e di scioglimento, le trasgressioni-passaggi proibiti con il rosso, per osservare i comportamenti degli umani impegnati in questa attività così densa di significato e al contempo così banale.
Mentre si attraversa, si può camminare senza guardarsi intorno, o guardando chi ci viene incontro, si può adottare un’andatura frettolosa, o lenta, si può affrontare la prova da soli o in compagnia.
Al centro dell’attenzione ci sono:
Atteggiamenti, movimenti, modi impiegati dai pedoni quando attraversano la strada, a seconda delle condizioni d’animo, di meteo (con o senza ombrello), di stagione (con molti vestiti, con abiti leggeri, con parti del corpo coperte o scoperte) e del tempo a loro disposizione (in ritardo, in anticipo).
La disposizione dei flussi disegnati dai pedoni durante l’attraversamento, l’incontro fra le due ondate opposte. Gli incontri fuggevoli fra sconosciuti che si guardano o non si guardano mentre si incrociano a pochi centimetri, o a poche decine di centimetri metre camminano sulle strisce zebrate.
I movimenti, gli atteggiamenti, il modo in cui ogni passante “entra in scena” in attesa dell’attraversamento. Da solo, in compagnia, da destra, da sinistra, al centro, con le mani libere, con pesi, oggetti, chiacchierando, al telefono, da solo in silenzio. Cosa fanno le persone mentre aspettano che il semaforo diventi Verde? Lo guardano per vedere quando cambia colore, o osservano il flusso delle macchine, specie se hanno intenzione di forzare l’attraversamento, per controllare se ci siano veicoli in arrivo o siano distanti-lenti….?
…La tensione cresce a mano a mano che passa il tempo e ci si aspetta che arrivi il Verde … LA TENSIONE CRESCE….CRESCE…. è ormai questione di pochi secondi….- Attraversamento liberatorio.- Passi affrettati per calpestare l’ultima porzione di strisce, concludere la traversata… Affrettatissimi, di corsa per camminare negli ultimi momenti disponibili prima che torni il “divieto” affidato al Rosso.
Le differenze che si possono notare fra i personaggi impegnati ad attarversare i semafori in zone diverse della città, in differenti quartieri del centro, o della periferia, nonché nel corso della giornata, della settimana, dei mesi o degli anni…Forse altri elementi che ancora non ho osservato, o non mi sono venuti in mente….
Ogni incrocio regolato da un semaforo è un palcoscenico sul quale avvengono innumerevoli micro-pièce: protagonisti assoluti sono i passanti-pedoni, i ciclisti, gli automobilisti e i loro veicoli.
I pedoni di fronte a un incrocio regolato da un semaforo stanno per affrontare una “prova” e una situazione densi di significato. A tutti noi capita più volte al giorno e, naturalmente, nella maggior parte dei casi, non ci soffermiamo a pensare alle implicazioni e a tutte le possibili questioni che pone questa azione, in apparenza semplice e abituale.
Durante questo lavoro di “scavo”, ho progettato lavori molto diversi fra loro, destinati a essere sviluppati in futuro. Ci sono le sequenze di disegni dedicati a un singolo attraversamento pedonale in giorni e stagioni diversi (“Danze urbane a tempo determinato”) che provvisoriamente hanno preso la forma di un’installazione a parete.
In questo caso queste danze urbane, al di là del ritmo e della composizione, della musicalità dei movimenti ricordano e mettono in rilievo l’essenza coatta di queste coreografie, determinate e imposte dai tempi previsti dal semaforo, rappresentante l’autorità, regole, un certo grado di potere.
Sempre per rimanere sugli effetti più evidenti e immediati, più “facili” da individuare in un incrocio regolato da semafori pedonali, ho preparato una serie di videoinstallazioni che ho chiamato “Danza dell’attesa”. Sono videoclip con personaggi ripresi alle spalle, in campo bianco, mentre attendono il verde, pensate per essere viste contemporaneamente, o singolarmente.
I passaggi pedonali costituiscono anche il palcoscenico naturale che accoglie infinite storie, narrazioni sociali inesauribili. In “Ipotesi di storie da due minuti e mezzo”, esploro sia in una prospettiva sociologica, sia narrativa-teatrale come si muovono e quale caratterizzazione contraddistingue le persone impegnate sulle strisce, in differenti zone di Milano.
Ancora più in ambito narrativo, sto sviluppando un altro lavoro intitolato “archivio delle Storie possibili e degli incontri mancati”, pensato anche in relazione e in funzione del luogo della residenza, ovvero l’Archivio di ViaFarini. Si tratta di un’installazione comprendente una serie di disegni a matita e matita colorata su carta, riordinati in contenitori da archivio.
Sono una collezione di scatti fotografici tradotti e rielaborati graficamente (matita colorata e grafite) di persone impegnate in un attraversamento a tempo determinato, nel momento in cui si stanno per incontrare (storie possibili) e in cui si sono appena incontrate e oltrepassate, probabilmente per non rivedersi mai più (incontri mancati).
Accanto a questi lavori più direttamente legati alla presenza dei cittadini, ho pensato di affrontare in modo metaforico la situazione proposta dall’attraversamento a tempo determinato: ho elaborato in questo caso, al momento, sia videoproiezioni a terra, sia alcuni lavori da tavolo e da pavimento.
Per quanta riguarda le proiezioni a terra, al centro dell’attenzione ho posto il concetto di “corridoio umanitario”, come forma limite di attraversamento a tempo. L’idea mi è venuta prima che esplodesse il conflitto fra Russia e Ucraina e vi fosse la richiesta di creare “corridoi umanitari” per i profughi.
Vedere quindi questi lavori, adesso e, ancor più, nei giorni nei quali i giornali dedicavano titoli enormi dedicati ai corridoi umanitari, per me risulta particolarmente inquietante e anche in un certo senso imbarazzante.
I lavori destinati alla collocazione da tavolo e a pavimento sono tavolette raffiguranti, o evocanti, strade con strisce pedonali sui generis. Si tratta di rielaborazioni con scritte legate al concetto di attraversamento, di cammino, o di incrocio, in senso esistenziale e che sfruttano la duplicità di senso, specie in relazione a frasi idiomatiche, o a modi di dire.
Questi lavori sono lasciati alla libera iniziativa del fruitore, invitato ad interagire con l’opera, muovendo le strisce come meglio crede, con azioni di riposizionamento e risignificazione.
Ancora nel contesto della rielaborazione in senso metaforico dell’attraversamento a tempo determinato, ho preparato una serie di questionari inerenti il rapporto con il tempo, l’efficienza, la fretta e la percezione dei colori e la loro codificazione nella nostra società, da proporre ai visitatori-cittadini.
Sono cinque gruppi di domande dedicate alla relazione spazio-tempo, efficienza-esistenza, al rapporto con l’autorità, al modo di percepire e codificare i colori e a questioni esistenziali legati all’attesa
Infine, ho pensato a una installazione acustica realizzata con l’aiuto della collettività, per ricostruire una storia realmente accaduta, incentrata su una particolare forma di attraversamento a tempo determinato: quella di un perseguitato politico, in fuga attraverso l’Europa degli Stati assoluti e delle guerre di Successione del XVIII secolo.
Il personaggio protagonista di questa vicenda è Pietro Giannone, il primo giusnaturalista italiano, usato come merce di scambio dai Savoia, in particolare da Carlo Emanuele III e dal suo consigliere di Stato, il marchese di Ormea, durante la definizione di un nuovo Concordato con il papato nella prima metà del 1700.
In quest’ultimo caso, l’attraversamento e lo scambio di ruoli, la partecipazione personale, l’empatia sono stimolati durante le sedute di registrazione, dove avvengono le letture estemporanee dei visitatori.
L’insieme dei loro contributi può essere impiegato sia nella creazione di una narrazione spazializzata, sia alla costruzione di una pièce trasformata in una installazione acustica partecipata, dove i visitatori-partecipanti restituiscono vita alle parole dei personaggi, possono prendere parte a micro-laboratori di recitazione, a una forma di corso per “parlare in pubblico” e interpretare un ruolo.
Al contempo un modo per riflettere in prima persona sulla condizione di persona braccata, abbandonata in una prigione, dimenticata dagli uomini di potere che hanno usato il suo pensiero e i suoi lavori. I cittadini diventano attori, “invisibili”, ma ascoltabili, la loro presenza è affidata alle loro voci incise digitalmente.