NIDI.FLUIDI. II

Un progetto di drammaturgia montana

Nidi. Fluidi è un progetto di drammaturgia montana basato sul dialogo con le persone che abitano in piccoli e isolati comuni, o frazioni delle Alpi, come ho anticipato nell’articolo precedente, per indagare rapporti affettivi, tipologia di immaginario geografico e spaziale, eventuali contraddizioni nei rapporti con il luogo.

Ho affrontato la prima parte della sua costruzione durante una residenza artistica di circa un mese nel comune di Grimacco (Udine), precisamente nella frazione di Topolò perché la presentazione del progetto è avvenuta all’interno del Festival Stazione di Topolò-Postaja Topolove.

In sostanza sono entrata a poco a poco in contatto con gli abitanti della zona, ai quali ho rivolto le domande inerenti il loro rapporto con il luogo e ho ricomposto il materiale raccolto in una serie di installazioni interattive che potessero essere fruite sia da chi avesse partecipato direttamente al progetto, sia da visitatori occasionali del festival.

La “trasformazione” del materiale in un percorso fruibile è stata effettuata in relazione allo spazio che avrebbe accolto la presentazione del progetto stesso, ovvero una vecchia baita nel centro della frazione, nota come “Ambasciata di Norvegia” (come annuncia ai passanti una targa fissata a un muro esterno).

Nidi.Fluidi è, come tutti i lavori di drammaturgia degli spazi dei quali mi occupo, un progetto site specific pensato per adattarsi agli ambienti e alle situazioni che lo ospitano.

In questo caso quindi dopo aver raccolto le schede con le risposte alle mie domande e le immagini mi sono trovata a organizzare tutti i dati in funzione dello spazio disponibile per accogliere la seconda parte del progetto, quella della “visita” del percorso.

Targa indicante l'Ambasciata di Norvegia, Topolò
Targa apposta sul locale denominato “Ambasciata di Norvegia”. Topolò (Grimacco, Udine).

Quando ho aperto la porta dell’Ambasciata di Norvegia mi sono trovata di fronte a un ambiente molto interessante, ma anche molto difficile da utilizzare, in quanto era “ingombrato” di svariati mobili e oggetti accatastati nel tempo.

Abitualmente si tratta di uno spazio usato durante il festival per video-proiezioni e installazioni acustiche, per le quali è sufficiente avere una parete libera, o angoli dove collocare la strumentazione.

Nel mio caso ho dovuto studiare attentamente gli oggetti, i mobili e scegliere quelli che potevano essere adatti al contesto e che acquistassero un valore metaforico, simbolico tale da rafforzare il progetto.

E’ importante sottolineare che non avevo alcuna idea preordinata su come “trasformare” il materiale raccolto attraverso il piccolo questionario e i dialoghi con gli abitanti, ma ho aspettato di visitare il luogo dove potessi rielaborarlo.

Interno della cosiddetta "Ambasciata di Norvegia", Topolò
Interno del locale denominato “Ambasciata di Norvegia”, in uso durante la Stazione di Topolò.

La mia attenzione si è così focalizzata su alcuni elementi particolarmente interessanti: innanzittuto su un vecchio armadio dell’Ottocento, un comodino. Ho pensato fossero molto adatti ad accogliere, rispettivamente, le immagini con i luoghi favoriti, inviatemi dagli abitanti e  la descrizione degli angoli favoriti della casa. L’armadio, infatti, si è trasformato in una bacheca e il comodino ha accolto le matassine con la trascrizione dei dati relativi alla dimensione domestica.

Scala a pioli rinvenuta nella cosiddetta "ambasciata di Norvegia" di Topolò
Scala a pioli, rinvenuta nella cosiddetta “Ambasciata di Norvegia”, locale in uso alla Stazione di Topolò

Altri oggetti hanno attirato la mia attenzione: un vecchio tavolo smembrato (nel senso che il ripiano era staccato dai sostegni) di legno massiccio, una piccola scala a pioli, una sedia da giardino in legno bruciata dal sole.

Struttura di tavolo smembrato
Scheletro di tavolo.

Tutti questi elementi, dopo essere rimasta a meditare più giorni nello stanzone, hanno iniziato ad acquistare nuovo senso in relazione alle caratteristiche stesse del luogo. In particolare, rispetto a una delle tre finestre presenti sul lato più lungo della parete.

Mi sono serviti per realizzare un “pensatoio geografico”, una postazione-installazione che ho intitolato “L’essenza del viaggio”. Si tratta di un angolo dedicato alle immagini e alle risposte raccolte a proposito di luoghi nei quali gli abitanti della zona desiderano visitare, o nei quali possono considerare di trasferirsi.

Un angolo riservato, più in generale, al concetto di viaggio come ricerca di un luogo che risuoni perfettamente con la propria interiorità.

Le immagini indicatemi dai partecipanti sono collocate sul  muro di fronte alla sedia, circondata da una specie di barriera-pulpito (ovvero il tavolo capovolto su di un fianco) e sopraelevata su una pedana (il ripiano piuttosto spesso del tavolo), nonché ai lati di una finestra schermata integralmente da una cartina geografica delle valli del Natisone, alle quali appartiene Topolò.

Si tratta di un’installazione che può diventare “autonoma” rispetto al progetto stesso e che apre a sviluppi successivi, come del resto altri momenti di questo lavoro.

Armadio con comodino
Comodino e armadio rinvenuti nella cosiddetta “Ambasciata di Norvegia”, a Topolò

Sempre in questo locale emergono oggetti bizzarri le funzioni dei quali in alcuni casi non è del tutto chiara. Una specie di gabbia in legno, un cestello in filo di ferro arrugginito (probabilmente serviva al trasporto delle uova), una grande coppa arrugginita che scopro presto essere una campana tibetana che emette vibrazioni acustiche meravigliose.

campana tibetana arrugginita
Campana tibetana arrugginita ma funzionante, rinvenuta all’interno del locale “Ambasciata di Norvegia”

Ciascuno di essi diventano immediatamente parte dell’installazione, arruolati sul campo. A questi si aggiunge uno strano elemento sospeso, in legno con piccoli bracci, usato per appendere probabilmente il lardo, o altro salume. Subito inserito nel novero dei protagonisti, diventerà il sostegno di quella che definisco “Albero di Topolò”, ovvero, una serie di biglietti sui quali trascrivo le parole e le frasi che gli abitanti associano al loro territorio.

struttura porta lardo
Struttura in legno appendi-lardo e altri salumi.

La campana tibetana accoglie i “Biglietti da visita”, ovvero il nome dei luoghi che i residenti consigliano di visitare a chi viene da fuori. Emerge subito che gli adulti elaborano i loro suggerimenti tenendo in considerazione fattori estetici, i bambini anche semplicemente ed esclusivamente fattori “affettivi”, così il luogo preferito può diventare semplicemente il percorso per andare a trovare le amichette.

Fra gli oggetti rinvenuti per caso,  o piuttosto, per singolare e fortunata combinazione ci sono due veri nidi. Il primo l’ho trovato appoggiato sul pavimento di legno malandato dello stanzone che ospiterà il progetto, il secondo a terra, lungo la strada che conduce da Topolò alla sottostante frazione di Clodig.

gabbia di legno
Gabbia di legno.

Il ritrovamento di questi due nidi a pochi giorni di distanza, durante un progetto che si intitola “Nidi. Fluidi” mi sembra molto più di una semplice coincidenza. Lo considero una specie di “segno” che mi invita a procedere e a utilizzarli immediatamente nel mio lavoro. Mi costringono a riflettere sul concetto di “Nido”, in relazione anche agli altri oggetti che ho già selezionato. In particolare rispetto alla strana gabbia di legno.

Il nido, inteso come nido domestico protegge, ma può anche trasformarsi in una dimensione opprimente se si indugia troppo a risiedervi, o a isolarsi dal mondo. Ho pensato così di accostare queste due abitazioni aeree alla gabbia e intitolare questo assemblaggio “Nest-cage/Next-cage”.

Un promemoria per ognuno di noi…soprattutto dopo due anni di “rintanamento” obbligato-obbligatorio.

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