Nidi, nodi. Fluidi – Carcoforo e Civiasco

Un progetto di drammaturgia montana partecipata

di Sonia Arienta, a cura di Gabi Scardi

Siamo arrivati alla fase invernale di “Nidi, nodi. Fluidi”, dopo il lavoro di quest’estate e l’esplorazione del territorio nei Comuni di Carcoforo e Civiasco! Dal sette dicembre sarà possibile infatti visitare due percorsi espositivi pensati per questi due paesi visitabili dal 7 dicembre (inaugurazione) al 29 febbraio 2024.

Sonia Arienta: Pensatoio Geografico, Civiasco, Palazzo Durio
Sonia Arienta: Pensatoio geografico, installazione, cartine geografiche di recupero, stampa a getto di inchiostro bn e colori. Palazzo Durio, Civiasco (VC)

Abbiamo scelto le date in concomitanza con le vacanza invernali, con il ponte di Sant’Ambrogio/Immacolata per dare modo anche ai villeggianti storici di essere presenti.

Sonia Arienta: Bacheca pubblica, Carcoforo, installazione fotografica partecipata
Sonia Arienta: Bacheca pubblica, Ex negozio Alimentari, Carcoforo, installazione fotografica partecipata. Stampa a colori su carta fotografica.

Durante i giorni di permanenza nei Comuni di Carcoforo e Civiasco in dialogo con le istituzioni locali ho individuato i luoghi più adatti ad ospitare i lavori nel periodo invernale. In questa fase del progetto, programmata nella stagione fredda, con la possibilità di nevicate e vento, è stato prioritario trovare una collocazione al chiuso, “protetta”.

Sonia Arienta: Nidi II, installazione, filo da cucina, carta velina, inchiostro colorato, licheni dei larici. Ex negozio alimentari. Carcoforo.
Sonia Arienta: Nidi II, installazione, filo da cucina, carta velina, inchiostro colorato, licheni dei larici. Ex negozio alimentari. Carcoforo.
Sonia Arienta: Nidi II, installazione, Palazzo Durio, Civiasco
Sonia Arienta: Nidi II, installazione, filo da cucina, carta velina, inchiostro colorato, foglie di faggio secche. Palazzo Durio, Civiasco

Si tratta sia di spazi più istituzionali come la Sala Polivalente a Civiasco, sia di locali in origine destinati ad altri usi, come a Carcoforo, dove abbiamo deciso di riutilizzare un ambiente un tempo adibito a negozio di alimentari. Unitamente a questi sono stati individuati altri spazi pubblici: l’esterno del Municipio di Carcoforo e il Circolo Amici Miei a Civiasco.

Sonia Arienta: Bacheca Pubblica, Circolo Amici Miei. Civiasco.
Sonia Arienta: Bacheca Pubblica, installazione fotografica partecipata. Stampa a colori su carta fotografica. Circolo Amici Miei, Civiasco (VC)

Questi ambienti accoglieranno i lavori realizzati durante le settimane della mia residenza artistica, a settembre e ottobre in entrambi i Comuni, risultato della collaborazione, dei dialoghi con gli abitanti e con alcuni villeggianti di lungo corso.

Sonia Arienta: Appunti per un polittico. Installazione. Carta velina, tempera su carta, cassettina di legno di recupero. Ex negozio alimentari, Carcoforo (VC)
Sonia Arienta: Appunti per un polittico. Installazione. Carta velina, tempera su carta, cassettina di legno di recupero. Ex negozio alimentari, Carcoforo (VC)

A Carcoforo, nell’ex negozio degli alimentari è collocata la maggior parte delle installazioni, all’esterno del Municipio, un luogo particolarmente simbolico per la vita del paese è stata pensata un’installazione che non patisse le avversità del meteo e della stagione invernale e che fosse strettamente legata alla memoria del luogo in sé. A Civiasco, all’interno del Circolo Amici Miei si trova l’installazione fotografica “Bacheca pubblica”, mentre nei piani superiori che portano alla Sala Polivalente sono disposte le altre installazioni.

Sonia Arienta: Rivelazioni Nascoste, libro d'artista. Carta velina, filo da ricamo oro, stampa su carta in bianco e nero. Misure variabili. Circolo Amici Miei, Civiasco
Sonia Arienta: dettaglio di una pagina di Rivelazioni Nascoste, libro d’artista. Carta velina, filo da ricamo oro, stampa su carta in bianco e nero. Misure variabili. Circolo Amici Miei, Civiasco

Il percorso è prevalentemente costituito da installazioni, alcune interattive, altre fotografiche, o realizzate con materiali diversi (carta velina, filo, disegni). L’uso di questi ultimi è strettamente legato alle esigenze e alla dimensione del viaggio, alla praticità degli spostamenti, ma anche all’idea di leggerezza, fragilità.

Le visite sono gratuite e non occorre prenotare.

Orari:

Carcoforo: Ex Negozio Alimentari (Via centro) dalle 10.00 alle 17.00

Civiasco: Sala Polivalente (Via Ercole Durio 19) 14-18.00 tutti i giorni (info:

Comune di Civiasco, 0163 55700

Circolo Amici miei (Via E. Durio 19): 8,30-21.00 (chiuso il lunedì pomeriggio e il martedì tutto il giorno)

Per info: siti istituzionali dei Comuni di Carcoforo e Civiasco

info@drammaturgieurbane.com

web www.drammaturgieurbane.com    www.soniaarienta.com

Instagram: @nidinodifluidi  @drammaturgieurbane

FB @drammaturgieurbane

@soniaarienta

 

APPUNTI DA CARCOFORO

Dopo una pausa “tecnica” durante il mese di agosto, riprendiamo a lavorare al progetto “Nidi, nodi. Fluidi” in Val Sermenza, questa volta non più nel Comune di Alto Sermenza (dove comunque prosegue il percorso espositivo fino alla fine di settembre), ma a Carcoforo.

Nelle prossime settimane ci dedichiamo a scoprire quali sono i rapporti affettivi, estetici, emozionali degli abitanti e dei villeggianti abituali con il luogo, le creature non umane che lo abitano, gli elementi naturali, la dimensione domestica.

In questi mesi di lavoro e di relazioni umane ho avuto modo di conoscere, approfondire alcuni aspetti di realtà molto differenti fra loro. Le comunità che ho incontrato, il paesaggio, gli aspetti caratterizzanti l’organizzazione della vita dei residenti abituali sono molto diversificate, anche da un punto di vista culturale e  sociale.

Carcoforo-panorama notturno. Foto di Sonia Arienta
I monti che circondano Carcoforo.

E’ quindi per ora confermata una delle mie ipotesi di partenza, quella di scegliere Comuni in posizioni strategiche sul piano geografico, perché mi aspettavo una specificità e un’unicità evidenti.

Le differenze che emergono si riflettono nella realizzazione delle opere inserite nel percorso espositivo e nel loro complesso saranno percepibili a tutti coloro che avranno seguìto tutte le tappe del progetto, nei sei Comuni e in futuro quando con ogni probabilità verranno raccolte contemporaneamente in un unico luogo.

Nell’immaginario comune, soprattutto delle persone che abitano in pianura e in città in generale, i paesi di montagna rischiano di essere percepiti come entità astratte, luoghi “generici”, paesaggi cartolina, nei migliori dei casi, o luoghi remoti, noiosi, popolati da persone che non hanno mezzi per emigrare altrove.

In realtà, almeno per quanto riguarda le valli laterali della Valsesia, la maggior parte degli abitanti effettivamente residenti sono motivatissimi a restare dove sono. Non sono lì perché non hanno alternative. Tutt’altro.

Tant’è che hanno il coraggio di affrontare una serie di importanti complicazioni nell’organizzazione della vita quotidiana: assenza di medico (primo ospedale utile a trenta o a sessanta chilometri…), di farmacia, di trasporti in alcuni casi, limitata presenza di attività commerciali, offerta culturale scarsa, o nulla, difficoltà ad accedere alle sedi scolastiche, in modo direttamente proporzionale all’ordine progressivo della carriera dello studente.

Carcoforo, in Val Sermenza (VC)
Panorama di Carcoforo, in Val Sermenza, laterale della Valsesia. (VC)

Sul territorio, ci sono volontà e speranze di richiamare nuovi abitanti nei Comuni che, nella maggior parte dei casi, hanno più o meno seri problemi di spopolamento. A fronte del cambiamento climatico e dei problemi legati all’inquinamento, gli spostamenti dalle città di pianura verso i paesi di montagna possono essere un’ottima soluzione. Se tuttavia, sono stati risolti i nodi precedenti.

Inoltre, per chi viene da una città, alle problematiche condivise con gli abitanti dei paesi montani elencate sopra, se ne aggiungono altre che rendono difficoltosa la prolungata permanenza: fra le altre, la soppressione della linea ferroviaria, i costi eccessivi per gli spostamenti in autobus, nonché le complicazioni con gli animali a bordo ignote nell’ambiente urbano (in alcuni casi al limite della vessazione/maltrattamento).

Questi aspetti sebbene siano noti agli addetti ai lavori, in alcuni casi siano problematiche complesse da sciogliere in breve, per differenti ragioni, in altri la causa è la noncuranza, la non consapevolezza, la prigrizia mentale. Il loro insieme pesa sugli andamenti demografici e sulla distribuzione delle persone sul territorio.

Tutti questi motivi costituiscono elementi “dialettici” e “drammatici”, fonti di conflitti e scontri. Sono premesse fondamentali per un lavoro che vada oltre a una mera e tradizionale rappresentazione scenica.

Una casa di Carcoforo
Un’abitazione a Carcoforo.

Inoltre, in questo caso, metto al centro di un progetto di drammaturgia degli spazi gli abitanti una zona montana particolarmente ricca sul piano culturale, per tradizioni secolari, nonché un luogo per me particolarmente “sensibile” a livello biografico e affettivo, posto che i miei antenati, fino ai nonni erano valsesiani (come emerge dal mio cognome).

Nel realizzare il progetto è comunque molto importante procedere con discrezione e delicatezza, senza forzature, perché alla base ci sono il dialogo, la ricostruzione di punti di vista diversi, l’arricchimento culturale reciproco dato dallo scambio di informazioni fra persone che abitano in contesti differenti.

Il tempo e la sincerità nei rapporti sono due elementi fondamentali.  La “diffidenza” verso i “foresti”, verso gli abitanti della pianura, o i cittadini è un’arma di difesa contro le invasioni inopportune e importune. Può essere un modo di “resistere” alla minaccia di un livellamento globale e all’appiattimento culturale. E’ uno degli elementi di cui tengo conto fin dal principio.

Nessuno deve essere “forzato” a partecipare. Né deve sentirsi “in soggezione”, il dialogo è paritario, indipendentemente dal titolo di studio. L’istruzione da sfoggiare è estranea al progetto.

Nei prossimi giorni mi dedicherò a “scoprire” e a indagare le specifità di Carcoforo. Ho già avuto modo di capire che c’è già un nuovo “personaggio” vegetale in campo, probabilmente destinato ad assurgere a ruolo di primo attore. E’ un elemento che desta poca sorpresa in me perché è emerso – almeno finora – come gli alberi costituiscano, per esempio, un elemento di forte caratterizzazione culturale, non solo paesaggistico.

Meridiana su edificio di Carcoforo (VC)
La meridiana. Dettaglio di una abitazione un tempo adibita a locanda. Carcoforo.

Fra le attività economiche caratteristiche di Carcoforo ci sono quelle legate all’allevamento, esteso non solo ai bovini, ma anche ai caprini e agli ovini. In questo periodo, perciò, i pascoli sono ancora tutti allegramente frequentati.

E’ probabile che nei prossimi giorni vada a vedere da vicino, se possibile – posto che il mio assistente è un segugio e non è detto che la convivenza con i maremmani sia troppo pacifica – almeno un allevamento in cui siano presenti i caprini, ai quali sto dedicando particolare attenzione (progetto “Dove sono le capre?”).

Ogni giorno in ogni caso è una scoperta del luogo e di chi lo abita, quindi aspetto con curiosità di vedere gli sviluppi!

Questa è la seconda settimana di permanenza nel Comune di Carcoforo e si iniziano a delineare i tratti caratteristici del luogo, del vissuto quotidiano e del rapporto fra gli abitanti e il loro territorio.  Anche in questo caso, il paese ha proprie specificità che lo rendono diverso dai luoghi visitati nel periodo precedente.

Dal punto di vista geografico il territorio ha una conformazione che lo “facilita” nelle comunicazioni: sia con la Valle Anzasca, raggiungibile attraverso più percorsi, in circa cinque ore a piedi attraverso il Colle della Bottiggia, quello del Palone del Badile quello dell’Egua e quello del Laghetto a lato del Pizzo della Moriana; sia con la valle Mastallone (attraverso l’Egua), sia ovviamente con il fondovalle dal quale dista circa diciotto chilometri.

Carcoforo di sera, entrata della buon accoglienza.
Carcoforo. Entrata della “Buona accoglienza”.

La svariata possibilità di valico rende quindi il luogo un nodo centrale di passaggio per lunga tradizione. Le montagne che circondano il Comune sono costituite da un anfiteatro roccioso, solcato da numerosi torrenti e rii. Le pietraie che si incontrano in quota e le placconate rendono il paesaggio aspro e austero, controbilanciato dal verde dei pascoli sottostanti e dei boschi di larici e conifere.

L’allevamento ha una parte ancora importante nell’economia del luogo, sono presenti infatti oltre a bovini, anche caprini ed ovini per produzione casearia artigianale. Le bestie sono libere di pascolare in quota fino alla fine di settembre, per poi essere riportate in paese per l’inverno nelle rispettive stalle.

Per fortuna, non ci sono stalle “avveniristiche” meccanizzate e super automatizzate. La produzione artigianale ha un ruolo fondamentale. Il latte con cui vengono preparati i formaggi proviene davvero da questi alpeggi e i pezzi prodotti sono limitati, niente a che vedere con la produzione di massa industriale. I formaggi di capra sanno di capra e erbe.

A fronte della tutela delle tradizioni d’alpeggio, il paese mostra in realtà un aspetto vivo e “contemporaneo”, in modo molto più accentuato rispetto ad altre realtà circostanti. Negli anni i residenti hanno imparato a convivere con i villeggianti storici e meno storici. L’aspetto interessante è l’intreccio di forme architettoniche che mostrano la “stratificazione” di tale convivenza.

La presenza di quelli che alcuni residenti mi hanno indicato come “brutti edifici”, “ecomostri”, “scempi architettonici”, frutto di un preciso contesto culturale ed economico (gli anni del boom e quelli successivi) è in effetti indubbia, ma limitata.

A partire dalla fine degli anni Cinquanta, nel corso dei Sessanta e Settanta la richiesta si seconde case si è tradotta nella realizzazione di nuovi edifici che, sebbene in alcuni casi possano essere molto discutibili sul piano estetico-paesaggistico, hanno creato le basi per mantenere vivo l’abitato.

Fotografia di Sonia Arienta-Verso il colle della Bottigia
Sonia Arienta: verso il Colle della Bottiggia. Sul sentiero di collegamento Carcoforo-Macugnaga

Queste abitazioni non rimandano a un turismo mordi e fuggi, ma a persone che soggiornano regolarmente nel tempo, nei diversi periodi dell’anno, per week-end, ponti, vacanze natalizie, estive. Sono persone che amano comunque questi luoghi che hanno fatto quasi “propri”. In alcuni casi l’inizio del loro soggiorno risale a trenta o quaranta anni fa.

Un’altra caratteristica del luogo, inedita rispetto agli altri piccoli Comuni coinvolti e vissuti finora è la presenza di elementi che possono definirsi latamente di “turismo di massa”, o pop: Carcoforo è attrezzato per accogliere campeggiatori e roulottes (anche fino a un centinaio) in un ampio e piacevole prato al bordo del torrente Egua.

Anche in questo caso, la possibilità di libero accesso al paese ha creato le condizioni per renderlo comunque più vivo, con scambi dal fondovalle che nel tempo si possono anche trasformare in acquisti di case e residenze stabili, magari per pensionati, o persone che possono lavorare da remoto. Tutto questo nel complesso, a mio parere, crea le condizioni per rendere più dinamico il territorio, più aperto al dialogo e quindi più vivo.

Non a caso il Comune ha fra i suoi residenti un buon gruppetto di minorenni e giovani sotto i trentacinque anni, quasi un’eccezione da queste parti.

Oltre alle presenze turistiche abituali, si registrano frequentazioni più brevi dal fondovalle si concentrano nel mese di agosto e nei week-end fra giugno e settembre, con un impatto piuttosto controllato sul territorio. In questo caso si tratta soprattutto di escursionisti che rientrano in giornata, o permangono un paio di giorni, con un pernottamento in b&b e nei rifugi.

Al momento, inoltre, Carcoforo dispone di un servizio di autobus per tutto l’anno, situazione che facilita la permanenza in loco anche chi non ha la patente. Un elemento questo importantissimo che dovrebbe essere potenziato, offrendo facilitazioni agli abitanti, soprattutto nella fascia scolastica e in quella anziana.

Chiesa e casa con la torre, Carcoforo
Sonia Arienta: dettagli architettonici di Carcoforo. La chiesa e la “torre”.

Mi pare invece di capire che si rischiano aumenti sconsiderati nelle tariffe relative agli abbonamenti per i ragazzi, un allarme che spero rientri. Gli spostamenti verso il fondovalle sono un elemento indispensabile per mantenere vivo e abitato un comune di montagna.

Così come un altro elemento fondamentale è la presenza di un presidio medico (con possibilità di acquisto farmaci), al momento sospeso.  Anche in questo caso, eil locale adibito ad ambulatorio mi auguro venga presto riattivato, è impensabile che gli abitanti debbano effettuare un tragitto di trenta chilometri per farsi visitare da un medico. Soprattutto in un contesto dove può ancora nevicare molto, al di là del cambiamento climatico in atto.

Analogamente, anche la presenza di un bancomat, al momento presente, così come quella dell’ufficio postale garantiscono le condizioni minime ed essenziali per poter mantenere le persone in loco. Scendere a valle, trasferirsi è l’ultimo dei desideri degli abitanti.

Chi voleva e cercava altre dimensioni lo fa o l’ha già fatto nel tempo. Chi resta è perché ha gli anticorpi, la capacità di resistenza in un ambiente “difficile” ma molto bello e affettivamente caro. Questo appare evidente nel corso dei dialoghi che ho intrecciato con gli abitanti. Per questo è importante cercare di facilitare la loro permanenza.

Purtroppo le politiche nazionali, o regionali, a seconda dei casi tendono a non accorgersi dei problemi reali delle persone, o a fingere di non vederli. Oppure a generalizzare, pensando che tutti i paesi di montagna siano uguali. Niente di più falso. Le diversità emergono non appena si soggiorna in questi luoghi e li si osserva da vicino, confrontandosi quotidianamente con persone molto diverse fra loro, in dialoghi trasversali.

Abitazione rurale a Carcoforo
Sonia Arienta: Edificio rurale, Carcoforo.

Parlare con abitanti che esercitano lavori diversi, che appartengono a fasce sociali diverse, a età diverse mette di fronte a una complessità e a una stratificazione di dati che mostrano, nel loro complesso, quanto sia inutile e pericoloso generalizzare e credere che la montagna sia uguale ovunque.

Da questi dialoghi emerge come le caratteristiche morfologiche del luogo incidano profondamente sulle abitudini degli abitanti, li “obblighino” a comportarsi in un certo modo; a ciò si aggiunge anche la differente composizione, origine, provenienza dei singoli e, quindi, della loro cultura, della disponibilità ad aprirsi e a condividere.

Carcoforo si è mostrata molto ospitale nei miei confronti e la disponibilità degli abitanti a dialogare con me si sta sviluppando con il trascorrere dei giorni – questo d’altra parte si è verificato anche negli altri contesti – e questo crea un’occasione di grande arricchimento almeno per quanto mi riguarda.

Incontrare così tante persone offre la possibilità di riflettere su aspetti differenti e complessi della vita e dell’abitare, del rapportarsi con i luoghi, un’occasione davvero importante e unica di confronto che rende questa esperienza straordinaria sotto tutti i punti di vista.

D’altra parte, la molteplicità dei punti di vista è anche un altro nodo fondamentale di questo lavoro. Il fatto di andare a visitare i luoghi preferiti degli abitanti che non hanno tempo di fare loro stessi le fotografie, mi mette nella condizione privilegiata di osservare il “meglio” del territorio, di effettuare esperienze estetiche notevoli e, al contempo, di vivere il luogo proprio dall’interno, perché lo osservo con gli occhi di chi lo abita. Un altro regalo fantastico di cui sono molto grata a tutti coloro che mi indicano i “loro” angoli!

Carcoforo, verso il Colmetto
Sonia Arienta: Carcoforo visto dall’alto, sul sentiero che conduce al Colmetto.

Anche nel corso di questa residenza ho avuto modo di sviluppare alcune riflessioni riguardanti il riutilizzo dei luoghi “semi dimenticati”. Mentre a Rassa ci siamo dedicati al recupero del vecchio lavatoio costruito intorno agli anni Cinquanta lungo il torrente Sorba, insieme al Vicesindaco Renato Calzino, a Carcoforo abbiamo individuato due spazi comunali “interessanti”.

Il primo è un ex negozio di alimentari di proprietà del Comune ha buone qualità per trasformarsi in uno spazio espositivo; il secondo è una pesa pubblica. Quest’ultima non potrà essere utilizzata nel periodo invernale – quindi per ora sarà esclusa dalla restituzione che si inaugura il sette dicembre p.v. – perché collocata in un luogo dove si accumula la neve, ma in estate sembra offrire interessanti promesse…

Uno degli elementi che emergono in modo più evidente dalle caratteristiche del progetto “Nidi, nodi. Fluidi”  è, inoltre, l’opportunità di osservare un territorio attraverso gli occhi di chi lo abita da anni e da decenni. Di imparare quindi molto velocemente a confrontarmi con il paesaggio attraverso informazioni molto precise raccolte attraverso la frequentazione dei residenti.

Giorno dopo giorno, a mano a mano che sono entrata in contatto con nuove persone e con nuove indicazioni di visite dell’ambiente circostante il mio modo di osservare e percepire è stato sollecitato e orientato a dirigersi verso differenti direzioni.

Ho potuto vedere il paese e i suoi dintorni attraverso la selezione estetica, affettiva, emotiva di ciascun dei residenti che mi hanno rivelato le loro preferenze di frequentazione dei luoghi, di scelte. Si è così via via composto un quadro complesso in cui convivono visioni di alta quota, di alpeggi, di angoli di paese, con semplici porzioni di pertinenze domestiche.

Nel recarmi in tutti i luoghi suggeritimi per fotografarli “su commissione”  sono così stata messa nelle condizioni di attraversare lo spazio, prenderne fisicamente le misure, respirare, toccare e osservare di volta in volta i tratti e le caratteristiche di porzioni di paesaggio scelti da occhi e menti diversi dai miei.

Al contempo, nel cercare i luoghi preferiti degli altri, naturalmente, ho di conseguenza scoperto anche quali fossero i miei. Per quanto, nella maggior parte dei casi, la mia selezione è determinata da fattori estetici ed emotivi, più che affettivi.

Il processo di scoperta dei luoghi si che sviluppa durante tutto il periodo della residenza è fondamentale, perché attraverso le peregrinazioni con mete prescritte e comandate si compone una fitta ragnatela di vie, di percorsi che ricostruiscono i rapporti fra gli abitanti e il loro territorio.

Si tratta di un percorso in cui progressivamente il paese al centro dell’attenzione si rivela nei suoi aspetti più reconditi e al contempo più manifesti. Gli abitanti scelgono come luoghi favoriti, a seconda dei casi, posti noti per la loro bellezza, punti panoramici, ma anche alpeggi nascosti, baite immerse nei boschi note solo ai residenti.

Grazie a queste rivelazioni ho il privilegio di addentrarmi nella dimensione vitale e quotidiana del paese, al contempo la preservo da sguardi indiscreti perché i nomi dei luoghi fotografati restano ignoti – escludo l’uso delle didascalie.

Appunti da Civiasco

Foto di Sonia Arienta, CIviasco visto dal sentiero per il Monte Briasco
Sonia Arienta: Il Comune di Civiasco visto dal sentiero per il Monte Briasco.

Civiasco è un Comune posto nella zona di valico con il Cusio, al quale è collegato da una carrozzabile, oltre che da una fitta rete di sentieri che conducono verso i borghi del fondovalle affacciato sul lago d’Orta (Pella, Boleto, Arola subito al di là della Colma, m 940 ca).

Il paesaggio è cambiato ancora una volta in modo radicale, nonostante la distanza dalla Val Sermenza  sia piuttosto contenuta, ci siamo allontanati infatti poco oltre i trenta chilometri, se ci si riferisce alla strada da percorrere sulle provinciali. Se si dovesse invece ricorrere ai sentieri probabilmente di meno.

Ci troviamo ora in una zona di boschi di castagni e faggi, circondati da montagne dalla punta arrotondata. Il Monterosa è visibile non appena ci si alza di qualche centinaio di metri, per esempio se si sale al Monte Briasco, dal quale si può poi discendere verso il lago d’Orta.

Sullo sfondo ci sono le montagne del Verbano e il lago Maggiore, ma dalla Colma si vedono la pianura lombarda e Milano. Il Comune comprende anche alcune frazioni (Campolungo, Machetto, Piandellavalle) ed è contraddistinto dalla presenza di abitazioni antiche in pietra, in stile valsesiano, con loggiati, ma soprattutto da edifici otto-novecenteschi in stile spagnolo.

Foto di Sonia Arienta, una casa nel centro di CIviasco
Sonia Arienta: una casa in stile spagnolo nel centro di Civiasco, in Valsesia.

Avete lette bene. Stile spagnolo. In particolare, catalano. La ragione di questa scelta apparentemente singolare per chi proviene da fuori, risale a motivi molto concreti legati all’emigrazione dei civiaschesi in Spagna, fin dall’ultimo quarto del XVIII secolo. Dopo un incendio che nel 1779 devasta il paese, molti abitanti sono costretti a cercare altrove lavoro e alloggio.

Fra le mete preferite c’è la Spagna e quindi, grazie alla prosperità degli affari, al rientro i lavoratori rimpatriati fanno edificare abitazioni signorili in stile moresco. D’altra parte anche l’esposizione del Comune favorisce illuminazione e calore quasi spagnoli, così da renderlo accogliente lungo tutto il corso dell’anno.

Questa breve introduzione storico-geografica è necessaria a far comprendere la diversità di questo paese, rispetto a quelli incontrati finora. Oltre alla descrizione del luogo, occorre anche analizzare gli aspetti legati alla vita quotidiana, alle attività commerciali presenti sul territorio che lo rendono vivo e rinnovabile.

Anche in questo paese è presente un torrente (il Pescone), sebbene non al suo interno, bensì nella zona sottostante, parecchi metri sotto, in una gola profonda a  strapiombo. A differenza di altri Comuni, le  cascate non sono visibili direttamente dal centro dell’abitato, ma occorre scendere lungo un sentiero che parte dalla carreggiata fino a raggiungere il “fondo”.

Foto di Sonia Arienta, arrivo alla Colma.
Sonia Arienta: il cartello posto al passo della Colma, valico fra la Valsesia e il Cusio.

Nei primissimi giorni di permanenza mi sono dedicata all’esplorazione delle vicinanze di Civiasco, sono stata alla Colma e al Monte Briasco, due tappe imprescindibili. Ho raggiunto la prima due volte, sia attraverso la carrozzabile che prosegue verso Arola sia attraverso i sentieri, il secondo attraverso i sentieri.

La zona è un intrico fittissimo di sentieri e sterrati, strade silvo-pastorali tutt’ora in uso che disegnano una rete di collegamento inimmaginabile quando si percorre la provinciale e che conducono sia verso il lago, sia verso i paesi nelle valli adiacenti, Morondo da una parte e Cellio dall’altra.

Non appena le interviste e i racconti raccolti sono aumentati di numero e le persone mi hanno raccontato e descritto i loro luoghi preferiti ho scoperto che mi mancano ancora molte altre zone da censire e visitare (la frazione Machetto, Piandellavalle che continuo a chiamare Valdipiana e non so perché) e gli alpeggi più settentrionali esposti a sud-est.

Ho eletto a distaccamento del mio ufficio il bar-ristorante, dove è presente anche un piccolo spaccio di alimentari, così posso iniziare i dialoghi con gli abitanti direttamente quando vanno a fare la spesa, o a scambiarsi idee in mattinata, alla sera, o all’ora di pranzo. O per la cena del venerdì/sabato sera dove il paese è più vivo.

Foto di Sonia Arienta, una casa nel centro di CIviasco
Sonia Arienta: un’antica casa in pietra posta nel centro di Civiasco

Nei giorni successivi, mentre il passaparola fa il suo effetto – nella speranza che le persone già intervistate siano abbastanza divertite da aver voglia di introdurmi agli amici o ai parenti. – tornerò a completare le ricognizioni a scopo fotografico “su commissione”.

In un progetto di drammaturgia montana, come in qualunque altro, il lavoro sul campo convive con le necessità quotidiane legate alla comunicazione, per diffondere la sua conoscenza anche agli abitanti del fondovalle, con i momenti di incontro pubblici. Oltre alla promozione, tuttavia questi incontri costituiscono un momento fondamentale di riflessione fra gli abitanti, le loro istituzioni coinvolti in “Nidi, nodi. Fluidi” e me.

Mercoledì 18 ottobre, a Borgosesia, per esempio si è svolta una presentazione-conversazione presso il Centro Studi e Documentazione Giovanni Turcotti, presieduto dalla Dr.ssa Marinella Mazzone, alla quale hanno partecipato le delegazioni dei diversi Comuni e i partner del progetto (Unione Montana, Fondazione Valsesia, Fondazione CRVC, Museo di Archeologia e Paleontologia C. Conti, Liceo Artistico Carlo d’Adda).

E’ stato molto bello ritrovare tutti insieme i nuovi amici che ho conosciuto in questi primi mesi trascorsi in Alta Valsesia, a partire da giugno e presentare a tutti il lavoro svolto nei diversi Comuni, in modo che inizino a profilarsi visioni d’insieme del progetto che vanno ad aggiungersi alle esperienze personali di ciascun paese coinvolto,  così come si possano avanzare alcune considerazioni di carattere generale che si iniziano a emergere, sul piano geografico, territoriale, culturale, umano.

Foto di Sonia Arienta, Il centro diCIviasco
Sonia Arienta: alcune case nel centro di Civiasco in Valsesia.

E’ passata una settimana e il cielo è sempre grigio, o denso di nebbia, o di pioggia. Le perturbazioni atlantiche sono finalmente arrivate e sono benvenute, naturalmente, ma creano qualche problema a chi ha a disposizione un numero di giorni di permanenza stabiliti e ha bisogno di sole per fare fotografie che rendano giustizia al paesaggio e all’architettura del luogo…

In attesa di miglioramenti meteo, proseguono gli incontri con gli abitanti e le interviste, dal mio ufficio provvisorio al bar-circolo del paese. Ho raccolto un buon numero di schede, anche se non ho ancora completato il lavoro e ho iniziato a farmi un’idea di quali siano le preferenze degli abitanti per i luoghi naturali, spazi pubblici e domestici.

Una foto di Sonia Arienta effettuata a Civiasco, dettaglio di un palazzo nobiliare, durante la residenza artistica per ilil suo progetto di drammaturgia montana partecipata "Nodi, nodi.Fluidi"
Sonia Arienta: dettaglio di palazzo nobiliare, nel centro del Comune di Civiasco in Valsesia (VC)

Le giornate – anche a causa del tempo poco favorevole – trascorrono all’interno del locale, dove posso incontrare le persone che arrivano, chiacchierare con loro, rivolgere le “domande di rito” previste dalla scheda. Nella maggior parte dei casi preferisco compilare le risposte trascrivendo ciò che mi dice la persona intervistata.

A differenza di altri Comuni il numero di pensionati che frequenta il bar-circolo è limitato, in compenso è più elevato il numero di donne che vi entrano abitualmente. La visione che ho in questo momento è comunque particolare, parziale per certi versi, posto che la stagione turistica è finita e il paese è ormai frequentato in prevalenza solo dai suoi abitanti.

Turisti di passaggio, cercatori di funghi, cacciatori costituiscono eventuali presenze esterne che si possono incontrare soprattutto nei fine settimana; nei giorni feriali si incontrano soprattutto lavoratori di ritorno dalle aziende nelle quali sono impiegati.

Fotografia di Sonia Arienta, ripresa durante il suo progetto di drammaturgia montana partecipata "Nidi, nodi. Fluidi", in Valsesia. Palazzo spagnolo
Sonia Arienta: palazzo spagnolo di Civiasco.

Uno degli elementi che mi sembra si stiano delineando è la forte attrazione-attaccamento per tre ambienti: le frazioni (Machetto, Campolungo, PIandellavalle), il parco giochi (soprattutto molto gettonato dai ragazzi e dai bambini) e gli alpeggi che sorgono sul versante più occidentale, alla destra orografica del torrente Pescone.

In particolare l’alpeggio preferito sembra essere l’alpe Lincé (circa 900 m slm) e alcuni luoghi ora molto diversi rispetto un tempo: Piana Venza (Pianavensh in dialetto), Miè, Peracino. Si tratta di terreni un tempo adibiti a pascoli e coltivazioni – la specialità di Civiasco erano i frutteti – e ora ricoperti di boschi.

La recente “riconversione” spontanea è testimoniata dalla ancora ridotta circonferenza degli alberi. In una frazione retrostante il centro del paese c’erano terrazzamenti per frutteti, adesso restano ancora alcuni esemplari antichi di piante da frutto, in parte inselvatichite.

Fotografia di Sonia Arienta, ripresa durante il suo progetto di drammaturgia montana partecipata "Nidi, nodi. Fluidi", in Valsesia. Palazzi nella nebbia
Sonia Arienta: Palazzi nella nebbia, a Civiasco (Valsesia, VC)

Il castagno è uno degli alberi simbolo di Civiasco, in effetti, ricci maturi si trovano in ogni angolo delle strade circondate da boschi – dato che siamo nella stagione giusta per la raccolta…Eppure, nè onostante questa presenza che non passa inosservata – il mio assistente è molto impegnato a evitare di pungersi i polpastrelli delle zampe – attualmente è poco considerata in termini di coltivazione e uso dei suoi prodotti.

A parte l’attrazione per alpeggi e boschi, gli abitanti esprimono – come negli altri comuni – un forte legame affettivo con il territorio, si mostrano quindi poco inclini a trasferimenti, specie a largo raggio. Se proprio dovessero allontanarsi dal paese d’origine lo spostamento riguarda altri paesi della valle, posti in posizione più centrale, lungo la direttrice principale.

Ancora una volta quindi emerge la volontà di restare nel paese scelto, proprio per le caratteristiche che lo contraddistingue, soprattutto in un luogo come Civiasco raggiungibile in modo rapido dal “capoluogo” dell’alta Valsesia, Varallo, nonché linea di confine immaginaria con la parte più bassa della valle.

Fotografia di Sonia Arienta, ripresa durante il suo progetto di drammaturgia montana partecipata "Nidi, nodi. Fluidi", in Valsesia
Sonia Arienta: Panorama dall’alto dall’abitato di Civiasco.

I boschi che circondano Civiasco, faggi e castagni in particolare, si confondono con boschi più recenti, sviluppatisi negli ultimi decenni, a partire dagli anni Ottanta e Novanta del XX secolo quando le colture e soprattutto i pascoli sono andati scemando. A mano a mano che gli alpeggi sono stati abbandonati le piante hanno preso il sopravvento.

Ci si trova quindi di fronte a un paesaggio molto selvaggio, simile all’aspetto mostrato prima che si sviluppasse la pastorizia. La vegetazione ha preso il sopravvento, cancellando il lavoro di “addomesticazione” del territorio, al contempo strade asfaltate si snodano attraverso i boschi.

La riappropriazione da parte degli alberi di terreni prima adibiti a fornire nutrimento per il bestiame è una delle conseguenze più evidenti dell’abbandono delle attività agricole e pastorali. In questo ambiente restaurato e ricollocato indietro nel tempo, la fauna selvatica, compresi i grandi predatori, si sente protetta, immersa in un ambiente congeniale.

Fotografia di Sonia Arienta, ripresa durante il suo progetto di drammaturgia montana partecipata "Nidi, nodi. Fluidi", in Valsesia. Assistente con ammanite muscaria gigante
Sonia Arienta: Il mio assistente con ammanite muscaria nei boschi attorno a CIviasco (Valsesia, VC)

Durante le esplorazioni per acquisire immagini “su commissione” degli abitanti, in risposta alla mia richiesta di indicarmi i loro luoghi preferiti e fotografarli (o farseli fotografare) ho incontrato funghi strani e alcuni esemplari giganti…Ho raccolto storie di lupi, capre, ramarri, volpi….

Tutto il materiale raccolto in questi giorni di permanenza sarà visibile a partire dal 7 dicembre prossimo, fino al 31 gennaio nella sala polivalente del Comune di Civiasco….(rimanete in contatto!).

Fotografia di Sonia Arienta, ripresa durante il suo progetto di drammaturgia montana partecipata "Nidi, nodi. Fluidi", in Valsesia. Ammanite Muscaria gigante
Sonia Arienta: ammanite muscaria gigante

Lascia un commento

error: Content is protected !!